Mario Schifano

En plein air

L’evoluzione del lavoro di Schifano è estremamente attuale proprio perché è fuori da ogni linearità, fuori da ogni meccanica, da ogni evoluzionismo lineare che è stato tipico dei movimenti delle neoavanguardie fino agli anni ‘70. Il suo procedere per scarti laterali, per raggruppamenti di opere, per l’uso ossessivo a periodi di mezzi espressivi ne fanno un artista che con la sua curiosità culturale è riuscito
a toccare mezzi che hanno giocato con la manualità artigianale del mezzo pittorico e l’automazione di mezzi legati alla tecnologia. Achille Bonito Oliva

Dono di Marco Brunelli. Smalto su due tele, eseguito a metà degli anni ‘70, cm 200 x 200.

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Nato a Homs, Libia, nel 1934, muore a Roma nel 1998.

Instancabile sperimentatore della pluralità dei linguaggi pittorici, Schifano inizia la sua formazione collaborando con il padre, archeologo restauratore al Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma. Tuttavia abbandona presto questo ambito e comincia la sua produzione pittorica, esordendo nel 1960 con una serie di quadri monocromi che offrono l’idea di uno “schermo” inteso come oggetto trasfigurato che in seguito accoglie cifre, lettere, segnali stradali e frammenti segnici prelevati dalla civiltà consumistica, secondo la sensibilità consapevole dell’atmosfera pop americana che l’artista conosce già nel 1962, a seguito di un viaggio negli Stati Uniti. Appartenente al gruppo del Pop italiano che si sviluppa e conosce notorietà a Roma in quegli anni, assieme a Tano Festa, Franco Angeli, Sergio Lombardo e altri, dal 1964 Schifano si dedica anche alla sperimentazione cinematografica che si inserisce perfettamente nella sua ricerca verso un ininterrotto flusso di immagini prodotto dalla nostra civiltà tecnologica. In questa scia si collocano, dagli anni Settanta, soggetti comuni, come l’albero in mostra, decontestualizzati e resi oggetti popolari.