Michelangelo Pistoletto

Tra specchio e tela

“Negli anni Cinquanta per indagare la mia identità sono partito dall’autoritratto, a cui poi ho aggiunto lo specchio. Vedendomi nello specchio pian piano mi sono accorto che non ero più solo, che attorno a me c’erano le persone, il mondo, gli spazi e perfino il tempo che passa. La superficie artistica si è fatta specchio e lì è entrato il mondo: dentro allo specchio ero immerso nella società e da lì ho capito che era necessario dirigersi verso essa. Per entrare veramente nello specchio l’unico modo è voltargli le spalle e allontanarsi: più ci si allontana e più vi si penetra. Ecco allora che l’opera specchiante diventava un’opera attiva”.

Dono di Michelangelo e Maria Pistoletto.
Serigrafia su acciaio inox lucidato a specchio, 1988, cm 120 x 130.

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Nato nel 1933 a Biella, dove vive e lavora.

La formazione artistica di Pistoletto avviene all’interno dello studio del padre, pittore e restauratore, con il quale inizia un apprendistato all’età di quattordici anni. Dopo gli studi presso la scuola di grafica pubblicitaria di Armando Testa, inizia il suo percorso artistico verso la metà degli anni Cinquanta, tenendo le sue prime mostre personali nel 1955 e nel 1960 alla Galleria Galatea di Torino. Dopo i primi Quadri specchianti del 1962, sui quali sperimenta una nuova tecnica di fotografia su carta velina applicata su lastra di acciaio inox lucidata a specchio, passa ai Plexiglass (1964) e agli Oggetti in meno (1965-1966) – atti importanti per la nascita dell’Arte Povera. Le opere di Pistoletto si qualificano per la sperimentazione incessante, al di là di una tecnica o stile definiti, e parallelamente, per la progressiva integrazione dello spettatore e dello spazio-tempo della realtà nell’opera. Particolare significato ha l’opera donata dall’artista, un autoritratto su superficie specchiante. Un selfie ante litteram, che coinvolge lo spettatore facendolo diventare parte dell’opera d’arte.