“Pensiamo ai giochi semplici che possiamo fare con le ombre. Incrociamo i pollici e agitiamo il resto delle mani. Abbiamo tre cose: un paio di mani incrociate che si agitano e un’ombra che è contemporaneamente due cose, l’ombra di due mani incrociate che si agitano e l’ombra di un uccello o di una farfalla che battono le ali. La cosa fondamentale è che capiamo tutto questo, e il piacere deriva proprio da questa comprensione. Questa ambiguità, questo piacere che accompagna l’auto-inganno, è l’essenza fondante di ogni essere visuale. Se c’è qualcosa che l’arte deve fare è chiarire, renderci coscienti di un precetto: mediare sempre”.
Dono di Anna Zegna.
Bronzo, 2007, cm 46 x 42 x 19. Ed. 13/14.
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Nato nel 1955 a Johannesburg, Sudafrica, dove vive e lavora.
Artista e regista sudafricano nato e cresciuto a stretto contatto con la difficile condizione di segregazione vissuta durante il lungo periodo dell’Apartheid terminato nel 1991, William Kentridge guarda con estrema lucidità e consapevolezza alla storia del suo paese d’origine, procedendo per metafore potenti e poetiche che si allargano fino ad abbracciare una riflessione sulla condizione umana universale. La sua opera, sempre intensa e di grande forza espressiva, riflette sui meccanismi della memoria e della dimenticanza, sul senso etico di responsabilità, sulla colpa e la complicità, sul dolore e l’ingiustizia. Dal 1989 l’artista si serve del disegno in bianco e nero (a pastello o a carboncino) per realizzare filmati d’animazione, proseguendo nella sua ossessiva tecnica di cancellazione e ricostruzione di linee che delinea un mondo fatto di ombre, slittamenti e metamorfosi continue, metafora dell’amnesia nei confronti delle ingiustizie che affliggono l’essere contemporaneo. Oltre ai video digitali, Kentridge realizza anche incisioni, arazzi, sculture, bronzi e lavori per l’ambito teatrale, recentemente proprio in Italia per il Teatro di Roma. L’opera in mostra fa parte della serie Learning from the Absurd che prende spunto dalla novella di Gogol’ Il naso. Gli elementi assurdi, grotteschi della vicenda mettono in ridicolo gli schemi e l’ordine costituito con un linguaggio globale