“Credo che l’artista sia un sordomuto, con grandi facoltà di ascolto e di percezione. Quindi non so se sono – come ogni artista – sordo o iper-udente, se sono cieco o iper-vedente. Come facciamo a capire se questa scoria, questa specie di risultato, che è l’opera, deve rimanere fantasma, ologramma di sé, presenza, voce, cosa silente?”.
Dono dell’artista.
Foglie di tabacco Virginia, tubo fluorescente giallo, ferro, candela, trasformatore e dimmer box, 1982, cm 53 x 43 x 7.
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Nato nel 1943 a Bologna. Vive e lavora a Lisbona.
Stagnola, rottami, legni, detriti, oggetti quotidiani, ma anche neon, sale, foglie di tabacco, fuoco e strutture ghiaccianti, sono tra i materiali prediletti di Calzolari, quelli che gli permettono di evidenziare un principio di conciliazione degli opposti, invitando a una riflessione che coinvolge il valore mentale dell’opera. Legato al panorama dell’Arte Povera (termine coniato nella seconda metà degli anni Sessanta dal critico Germano Celant per definire il lavoro di un gruppo di artisti che utilizzano materiali “poveri” e non raffinati come cemento, eternit, ferro, plastica, ed elementi trovati e naturali, come terra e acqua), vede nell’arte un luogo di incontro tra forma, colore, oggetto e ambiente che, fluttuando da una dimensione all’altra, delineano una condizione dell’essere attraverso il loro incessante processo di trasformazione. Dalla pittura agli oggetti e le installazioni, sino alle performance, i video e i disegni degli anni Settanta, la sua arte è sempre intrisa di un desiderio di metamorfosi e da un’attenzione verso il processo alchemico, di trasformazione della materia. Le sue opere abbandonano il loro stato di inerzia per espandersi nell’ambiente, sino a delinearne una nuova dimensione spaziale e temporale.