Diego Perrone

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Perrone si appropria di icone e tecniche storiche dell’arte, ‘alte’ e ‘basse’, con un grado di libertà anarchica. E, nonostante la perenne lettura critica dell’arte contemporanea italiana derivante dall’Arte Povera e Concettualismo, ha trovato le sue radici altrove, in una vasta gamma di riferimenti storici, da Umberto Boccioni a Mario Sironi, e con una spiccata prospettiva sull’identità italiana. Barbara Casavecchia

Dono dell’artista e di Massimo De Carlo. Alluminio, ferro, 2009, cm 230 x 247 x 220. Fotografia © Alessandro Zambianchi.

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Nato ad Asti nel 1970, vive a Milano.

Diego Perrone studia all’Accademia di Brera di Milano con Luciano Fabro, e poi a Bologna dove incontra Alberto Garutti. La sua produzione artistica è vicina al neo-concettualismo e affianca al libero utilizzo di diverse tecniche – come scultura, disegno, lavorazione del vetro, video e fotografia – una molteplicità di intuizioni di stampo poetico che gli permettono di restituire una rilettura acuta di temi e icone della tradizione, dalla cultura popolare alla storia più recente. Una serie di elementi e simboli legati alle origini rurali dell’artista ricorrono spesso nella sua personalissima definizione di immaginario artistico: la carpa koi, l’anfora, il trattore e l’orecchio sono infatti alcuni dei nodi tematici che tornano come costanti centri di riflessione visiva. Questa moltitudine di motivi si somma nelle opere dell’artista assumendo una forma organica che per le sculture si concretizza in opere in alluminio o vetro fuso mischiato a minerali e ossidi che vengono affidati a temperature elevatissime, mentre nei disegni è il risultato della ripetizione minuziosa di linee a biro che corrono ossessive sulla superficie dei fogli.